Precisazione riguardante le RIVELAZIONI PRIVATE

10.08.2013 22:05

Ai sensi del Diritto Canonico e delle Normae de delictis Congregationi pro doctrina fidei, il giudizio sull’attendibilità delle rivelazioni private spetta, in prima istanza, al Vescovo Ordinario della Diocesi alla quale appartiene il/la veggente.

Il giudizio definitivo, in seconda istanza, spetta alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che è il Supremo Tribunale Apostolico per la Chiesa Latina e per le Chiese Orientali Cattoliche. Salvo però il caso in cui il giudizio venga deferito direttamente alla Congregazione la quale, come supremo organo, ha potere il tal senso. La Congregazione ha competenza nei giudizi riguardanti non solo i cosiddetti delitti contro la fede, cioè l’eresia, l’apostasia e lo scisma, ma ha anche la potestà di giudicare tutti i componenti dell’apparato ecclesiastico, dai Cardinali, ai Vescovi e ai religiosi in generale.

Ogni cattolico poi, appartenendo di diritto alla stirpe eletta, al sacerdozio regale, alla nazione santa del popolo di Dio, in forza del proprio battesimo che lo riveste di un carisma spirituale, usando della propria ragione, ha il diritto e il dovere di partecipare della funzione sacerdotale (CCC 114 e 786) e, qualora il giudizio definitivo non sia ancora stato pronunciato, ha facoltà di esercitare il proprio discernimento per giudicare la veridicità delle rivelazioni private alla luce della dottrina della Chiesa.

QUANDO, PERÒ, VI SONO PRONUNCIAMENTI UFFICIALI DA PARTE DEL VESCOVO ORDINARIO DEL LUOGO

IL FEDELE CATTOLICO DEVE UBBIDIRE E UNIFORMARE IL PROPRIO GIUDIZIO A QUELLO DELLA SANTA MADRE CHIESA.